Dibattiti sull'internazionalizzazione - III incontro

Martedì, 21 Marzo, 2017 - 13:30

Lo scoppio della prima guerra mondiale suggellò non solo  la fine di un ordine mondiale definito dal Congresso di Vienna e rimasto pressoché immutato per oltre cent’anni, ma anche di  un sistema economico che, figlio della rivoluzione industriale, era impostato sul liberalismo e sul libero scambio.  La pace di Versailles vide la fine di quattro imperi – l’asburgico, il tedesco, il russo e l’ottomano -  e la nascita di nuovi stati nazionali, con un pesante strascico di sanzioni economiche, di problemi politici irrisolti, di eclissi di democrazie e di nuove pulsioni autoritarie e nazionalistiche.

I fragili trattati di pace lasciarono anche un assetto economico fortemente precario, caratterizzato dalla mancanza di un sistema di reciproca interazione e collaborazione internazionale, con le crisi degli anni 20 e 30 che, oltre ad avere pesanti ricadute economiche, ebbero conseguenze gravissime anche da un punto di vista politico. 

Gli anni tra le due guerre furono non solo di grande crisi delle democrazie, ma anche di forte isolazionismo, di autarchia produttiva  e di protezionismo:  gli scambi mondiali ebbero una fortissima contrazione, al punto che  i livelli quantitativi  del commercio estero registrati nel 1913, alla vigilia della prima guerra mondiale, furono raggiunti nuovamente solo nel 1950.

Furono peraltro anche anni di buoni progressi sociali, e di grandi sperimentazioni economiche: sul versante socialista, venne impostata la teoria economica comunista, che avrebbe governato tutta l’Europa orientale fino al 1989, mentre sul versante liberistico il New Deal americano comportò nuovi sistemi di intervento pubblico e di inclusione economica anche delle fasce di popolazione più sfavorite.

La seconda Guerra Mondiale segnò la fine di un mondo incentrato sui nazionalismi, creando  i prerequisiti che, da un lato, portarono ad un bipolarismo mondiale, e dall’altro allo smantellamento di un sistema coloniale che era durato oltre quattrocento anni. Con gli accordi di Bretton Woods del 1944, fortemente voluti dagli Stati Uniti, emersi come i veri vincitori – insieme all’URSS – della guerra mondiale,  venne costituito un nuovo ordine mondiale basato sulla condivisione di obiettivi e di regole di governance  incastonati in un sistema di organizzazioni sovranazionali con fortissimi poteri decisionali e di indirizzo economico e politico.

Le nuove istituzioni, che avrebbero governato il sistema economico e finanziario mondiale sino ai giorni nostri, erano la Banca Mondiale ed il Fondo monetario internazionale (FMI); venne inoltre formalizzato uno strumento finanziario per il sostegno della ricostruzione in Europa, l’”European Recovery Program”  e creata l’Organizzazione per la Cooperazione Europea, l’attuale OCSE. Infine, fu creato il GATT, strumento per pervenire per via di accordi alla librazione degli scambi.

Da parte europea le spinte per una integrazione europea trovarono sbocco nella costituzione dapprima della CECA e dell’Euratom, e poi della Comunità Economica Europea, sancita con i Trattati di Roma del 1957. Questo trovò una forma di contrapposizione economica e politica nella costituzione, da parte del blocco sovietico, del COMECON, che si prefiggeva di raggiungere tramite una politica di forte armonizzazione e  dirigismo politico, oltre che economico, all’integrazione delle economie delle Repubbliche popolari e dell’URSS.

Si venne così a creare un sistema fortemente antagonistico a blocchi contrapposti, con diverse visioni politiche ed economiche, e con un progressivo spostamento degli interessi rivali anche sui paesi terzi e sui paesi, per lo più sottosviluppati, di nuova costituzione, che avrebbe fortemente condizionato tutta la politica mondiale per oltre quarant’anni.

 

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